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Grotta Guattari
(Visita Virtuale)

Notizie Storiche

Grotta Guattari è un importante sito preistorico e paleontologico conosciuto in tutto il mondo. Si apre a cinque metri s.l.m. e a circa duecento metri dalla costa  alla base del Colle Morrone, estremità orientale del Monte Circeo. La grotta è rimasta nascosta per circa 50.000 anni da una frana fino a quando il 24 febbraio 1939 alcuni operai che eseguivano lavori di scasso per l’estrazione di pietra calcarea alla base della collina nella proprietà dell’albergo Guattari (oggi Hotel Neandertal) misero  in luce l’ingresso di una cavità che si presentava non molto profonda e si articolava in antri secondari. Il piano di calpestio attuale presenta una superficie di poco più di 100 metri quadrati, è formata da un vano principale e da due antri secondari: l’Antro del Laghetto e l’Antro dell’Uomo.
Il suolo, come poté constatare anche il Prof. Alberto Carlo Blanc che all’epoca insegnava Geologia all’Università di Pisa e che entrò il giorno dopo, era letteralmente cosparso di ossa fossili di animali che giacevano mescolate a pietrame. I fossili e le pietre erano ricoperti da concrezioni calcaree di aspetto coralliforme, furono subito riconosciuti resti di cervo, bue primigenio, capriolo, daino, cavallo e iena.
Nell’Antro dell’Uomo fu fatta la scoperta più importante e sensazionale:  giaceva abbandonato sulla paleosuperficie della grotta Guattari un cranio fossile di Uomo di Neandertal (Guattari 1) in buone condizioni di conservazione. Un altro resto fossile neandertaliano (Guattari 2), una mandibola, probabilmente appartenente allo stesso individuo, fu raccolta tre giorni dopo a poca distanza dal cranio.
All’interno si può notare anche la trincea dello scavo che fu effettuato nel 1950 e che risparmiò il 75% della spettacolare e rara paleosuperficie di epoca glaciale sul quale sono ancora in posto i reperti.

Datazioni, Stratigrafia e storia della Grotta Guattari

Le incrostazioni coralliformi di calcite che ricoprono le pietre, le ossa della paleosuperficie e anche il celebre cranio sono state datate con il metodo dell’uranio e con il metodo della risonanza di spin elettronico (ESR) fornendo un valore medio di 51.000 ± 3.000  anni fa e circa 56.000 anni fa. Quindi, verosimilmente i fossili neandertaliani (cranio e mandibola) avrebbero un’età compresa fra 52.000 e 55.000 anni fa. Dallo smalto dei denti di animali provenienti dal livello 1 (più in alto) è stata ottenuta una data ESR di circa 55.000 anni fa, mentre i livelli più bassi 4 e 5 hanno fornito date ESR comprese fra circa 78.000 e 71.000 anni fa.
Gli scavi sistematici intrapresi nel 1950 nel riempimento della grotta Guattari rilevarono alla base un deposito marino (livello 7 più basso) con conchiglie fossili tra cui il caratteristico Strombus bubonius  datato recentemente a circa 100.000 anni fa. Gli strati sovrastanti (livelli 5-4 e 2-1) contenevano invece numerosi strumenti in pietra fabbricati dall’uomo di Neandertal (industria litica musteriana nota col nome di Pontiniano) e ossa fossili degli animali (soprattutto cervo, poi capriolo e daino, seguiti da bue primigenio e iena) che vissero nella zona durante l’ultimo periodo glaciale.
Attualmente, quindi, integrando queste osservazioni con le nuove ricerche e le datazioni assolute effettuati negli anni Ottanta potremmo ricostruire la storia della frequentazione della grotta Guattari nel modo seguente: dopo il ritiro del caldo mare interglaciale che invase la cavità circa 100.000 anni fa arrivarono gli uomini di Neandertal all’inizio del periodo glaciale (intorno a circa 78.000 anni fa, livello 5) quando la formazione di estese coltri di ghiaccio provocò un abbassamento del livello del mare e la linea di costa si trovava a circa due chilometri dall’attuale scogliera del Circeo. Dopo alcuni millenni di occupazione umana la presenza dei cacciatori-raccoglitori neandertaliani si riduce progressivamente fino a scomparire intorno a 55.000 anni fa (livello 1). In quell’epoca, probabilmente, una frana (le pietre che si trovano sulla paleosuperficie) occluse parzialmente la grotta allontanando definitivamente gli uomini e lasciando campo libero alle iene. Queste trasformarono circa 50.000 anni fa la cavità nella propria “maternity den”, la tana cioè dove accumulavano resti di cibo per propri cuccioli. Infine, un altro imponente crollo di massi chiuse completamente la grotta Guattari che rimase così inviolata per cinquanta millenni fino al fatidico 24 febbraio del 1939 quando venne di nuovo portata alla luce.

Analisi tafonomica dei resti ossei della paleosuperficie

I resti ossei e dentari ancora presenti sulla superficie assommano a 649 reperti, di cui 554 identificabili e dai quali vanno distinti 111 frammenti di palchi di cervidi. Il campione considerato  comprende quindi 443 reperti così identificati: cervo nobile e altri cervidi (capriolo, daino): 40 %; bue primigenio: 40 %; iena: 10 %; cavallo: 7 %; altri mammiferi (stambecco, cinghiale,  rinoceronte, elefante, lupo, volpe, uomo di Neandertal): 3%.
L’insieme faunistico esaminato manifesta alcune caratteristiche (notevole diversità tassonomica, forte percentuale di resti di iena e di altri carnivori e, di conseguenza, elevato rapporto carnivori/erbivori) che sono in contrasto con quanto si osserva in depositi antropizzati e che, invece, sono normali in tane di iena. Inoltre, lo studio delle modificazioni e danneggiamenti (analisi tafonomica) visibili sul 40 % (il resto è coperto dalle concrezioni di calcite coralliformi) dei reperti ossei della paleosuperficie ha messo chiaramente in evidenza numerose tracce di rosicatura e fratture tipiche dell’attività masticatoria di carnivori. Queste ed altre osservazioni suggeriscono quindi in modo preciso che, nelle ultime fasi di formazione del deposito, Grotta Guattari sia stata una tana di iene e che queste ultime siano responsabili dell’accumulo sulla paleosuperficie di tutti i reperti fossili, compresi il cranio e la mandibola dell’uomo di Neandertal.
Il Cranio (Guattari 1) e le Mandibole Neandertaliane (Guattari 2 e Guattari 3) Il cranio, attribuito a un individuo adulto (40-50 anni) di sesso maschile, presenta le tipiche caratteristiche dei neandertaliani classici (Homo neanderthalensis): la volta cranica è molto appiattita e larga, la fronte è sfuggente. La visiera sopraorbitaria continua (torus supraorbitalis) e la sporgenza della regione posteriore dell’osso occipitale (chignon), caratterizzata da un accentuato ispessimento, conferiscono al cranio una notevole lunghezza. La capacità cranica è particolarmente elevata (1550 cc.). La faccia è massiccia, alta e larga, il mascellare rigonfio, gli zigomi ridotti e sfuggenti, l’apertura nasale larga e le orbite rotonde e grandi.
La mandibola fratturata (Guattari 2), apparteneva probabilmente allo stesso individuo del cranio (Guattari 1). La mandibola Guattari 3 invece, riferibile ad un maschio adulto di circa 20 anni, presenta la quasi totalità dei denti e fu rinvenuta nel 1950 nella breccia ossifera situata all’esterno della grotta Guattari.
Sul cranio furono riconosciute due “mutilazioni”  prodotte ab antiquo: una alla regione temporo-orbitale destra e una intorno al forame occipitale. Blanc osservò che l’allargamento intorno al forame gli sembrava identico a quello praticato in epoche recenti dai cacciatori di teste melanesiani o  della Nuova Guinea per estrarre il cervello dal cranio della loro vittima e mangiarlo in osservanza a pratiche rituali. Queste ed altre osservazioni indussero a considerare verosimile l’ipotesi che il cranio del Circeo avesse rappresentato una testimonianza di pratiche di cannibalismo rituale diffuse in Europa durante l’epoca dell’uomo di Neandertal.
Negli anni Ottanta nuove indagini tafonomiche (analisi degli eventi occorsi tra la morte dell’animale e il suo studio) ed etologiche integrate dal rilevamento fotogrammetrico della paleosuperficie e da una serie di osservazioni dettagliate sul cranio suggeriscono, invece, in modo preciso che l’ultima frequentazione della grotta sia da attribuirsi alle iene e che queste siano le responsabili dell’accumulo sul suolo della cavità di tutti i reperti ossei compresi quelli neandertaliani. Sul cranio umano neanche una sola traccia di scarnificazione e manipolazione da parte della presunta “banda di cannibali” bensì tracce inequivocabili di denti di iena come le fratture da pressione di denti  a livello del toro sopraorbitario destro e anche  l’“apertura” della base del cranio, considerata la prova più evidente di una cerebrofagia rituale da parte dei neandertaliani, può essere spiegata anch’essa dall’azione di denti di iena per i suoi margini dentellati  e per la presenza di tracce di denti sulla superficie endocranica.

L’Uomo di Neandertal

L’uomo di Neandertal (Homo neanderthalensis) è stato chiamato così nel 1864, dopo che i primi fossili di questa specie ominide furono trovati nella valle di Neander in Germania, nel 1856.
Vissero tra circa 250.000 e 40.000 anni fa in Europa, spingendosi successivamente verso est fino a raggiungere il Medio Oriente e l’Asia Occidentale. L’uomo di Neandertal si presentava come un individuo particolarmente robusto e muscoloso, dotato di grande cranio allungato e basso con cervello mediamente più grande del nostro e di grande faccia leggermente prognata; gli arti erano corti e le mani e i piedi grandi; la statura raggiungeva 160 – 170 centimetri e il peso 50 chili per le femmine e 75 per i maschi.
Nel 1997 Homo neanderthalensis è diventato il primo ominide fossile di cui si conosca il DNA, infatti proprio dalle analisi paleogenetiche di alcuni individui neandertaliani sembra che avessero la pelle chiara e i capelli biondi o rossi. Inoltre, sempre i dati bio-molecolari a nostra disposizione ci dimostrano chiaramente che Homo neanderthalensis e noi, Homo sapiens, siamo due specie umane distinte, noi non discendiamo da loro (“cugini” quindi  e non antenati!!).  Le “nostre strade” si sono divise intorno a 500.000 anni fa e hanno seguito due distinte storie evolutive: partendo da un comune antenato, Homo heidelbergensis. In Europa si sono sviluppati i Neandertaliani (il vero nativo del continente europeo) mentre in Africa siamo nati  noi Homo sapiens.
Gli uomini di Neandertal erano cacciatori – raccoglitori opportunisti e nomadi, divisi in gruppi poco numerosi (10 – 12 individui), dispersi e isolati gli uni dagli altri. Occupavano di volta in volta nuovi territori sfruttando le risorse disponibili pur senza una precisa pianificazione, spesso ritornavano nei luoghi dove avevano già vissuto. Vagavano per vaste regioni scarsamente popolate accampandosi per brevi e brevissimi periodi. Si rifugiavano soprattutto all’ingresso di grotte e sotto rocce sporgenti e potrebbero aver utilizzato pelli di animali e altri materiali per costruire semplici rifugi nelle caverne o all’aperto. Conoscevano il fuoco e furono fra i primi ominidi a seppellire i morti anche se le loro tombe sono estremamente semplici e prive di qualsiasi indizio inequivocabile di riti o cerimonie.
In generale si cibavano principalmente di carne che prendevano sia da animali cacciati ma anche da carogne di animali vecchi, morti per cause naturali. C’è da dire però che le strategie di sussistenza dei Neandertaliani erano molto flessibili nello spazio e nel tempo in relazione alle risorse alimentari dei vari ambienti e, presumibilmente, prevedevano attività di sciacallaggio in periodi di abbondanza per gli alimenti di origine vegetale, mentre la caccia attiva assumeva importanza maggiore quando le piante scarseggiavano.
Erano molto abili nella fabbricazione di utensili in pietra e a volte aggiungevano punte di pietra alle loro lance di legno. Lo studio degli strumenti in pietra ha fra l’altro rivelato che gli uomini di Neandertal raschiavano e conciavano le pelli animali e forse le masticavano anche per renderle più morbide.  Con  le pelli e le pellicce, probabilmente cucite con spine o strisce di cuoio, i Neandertaliani si coprivano per proteggersi dal freddo.

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  • Person Pro Loco San Felice Circeo
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