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Cattedrale di San Paolo

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Cattedrale di San Paolo
(Visita Virtuale)

Notizie Storiche

Rigorosamente orientata verso est così come le altre più antiche Chiese di Alatri, la Cattedrale di San Paolo, varie volte rimaneggiata nel corso dei secoli, è menzionata per la prima volta in un documento pergamenaceo del 930 in cui è già esplicita la sua dedicazione all’Apostolo delle Genti. Ma senza dubbio la data di edificazione è da far risalire a tempi assai più lontani, quando, in seguito alla istituzione della diocesi di Alatri, sorse l’esigenza di una sede stabile che accogliesse la cattedra vescovile.

La sua primitiva forma, secondo il tipo basilicale romano a tre navate e con ampio portico d’ingresso, sorretto da colonne granitiche, si conservò, nonostante i vasti ingrandimenti ed abbellimenti dei Sec. XIII e XVI, quasi inalterata fino all’inconsulta ristrutturazione compiuta nella metà del ‘700 dal vescovo diocesano Francesco Cavallini, che cancellò irreparabilmente ogni traccia della precedente architettura, riportando il sacro tempio, come venne  scritto in un pubblico strumento dell’epoca “in decentiorem et elegantiorem formam”.

L’attuale facciata della Cattedrale di San Paolo, con annessa torre campanaria, entrambe progettate dall’architetto Jacopo Subleyras, è invece frutto di un successivo ciclo di lavori, avvenuti tra il 1790 e il 1808, coronati da un ulteriore ritocco aggiuntivo nel 1884, quando, su disegno dell’alatrino Giulio Pitocchi, fu costruito l’attico e il timpano. La Cattedrale di San Paolo è costituita da un corpo di fabbrica con parte centrale leggermente aggettante, che si innalza su di un vasto podio formato da una scenografica scalea che ne accentua la maestosità già conferitale dalle linee continuamente spezzate dalle paraste abbinate, disposte in modo da sottolinearne lo scatto verticale, e dai grandi finestroni loggiati in asse con i tre portali d’ingresso che interrompono la continuità della muratura, donando all’edificio un’aspirazione verso quel gusto raffinato e tipicamente “metropolitano” che, con ben altro rigore compositivo si era andato precedentemente affermando nelle maggiori Basiliche Romane.

L’interno, preceduto da un ampio vestibolo che ricorda vagamente l’antico atrio, è diviso in senso longitudinale da una duplice teoria di pilastri cruciformi, facendo trapelare, nella convenzionale rigidezza dello schema ad arcate che divide l’ampia navata centrale dalle due più piccole navate laterali, l’influenza della precedente costruzione romanica.

Tuttavia, malgrado l’inadeguatezza dei pesanti interventi settecenteschi e di qualche altro, invero assai più recente, esso non manca di opere pregevoli o di qualche preziosa testimonianza, ospitate qua e là nelle oscure cappelle che tratteggiano tutto il perimetro della Chiesa.

Poco distante da uno degli ingressi laterali, proprio nella prima delle cappelle prospicienti la navata destra, si conservano a testimonianza dell’antico splendore del tempio medioevale, insieme ad alcuni frammenti di colonne del prezioso altare, consacrato dal vescovo Adinolfo nel 1156 per ospitare le reliquie del Corpo di S. Sisto, cospicui resti del pergamo cosmatesco fatto costruire dal presule Giovanni V nel 1222 in occasione della visita ad Alatri di Onorio III.

Il Naturalismo Romanico di quest’ultimo capolavoro, il suo vibrante colorismo, sono fusi in un linguaggio che conosce la raffinatezza propria dell’opera Cosmati, abilissimi marmorari romani che furono attivi ad Alatri ed in particolare nella Cattedrale di San Paolo, nei primi decenni del XIII secolo. La sua raffinata struttura musiva, con schemi goticheggianti, in cui si inseriscono le decorazioni policrome a tessere d’oro con riquadri e dischi in porfido e serpentino, secondo un gusto cromatico di origine araba e bizantina, accompagna il prepotente emergere delle forme scultoree, dall’aquila reggi-cartiglio ai due leoni stilofori, con preziosi passaggi chiaroscurali, costituendo il più diretto precedente dell’arte dei Vassalletto che esplosero successivamente nelle decorazioni del chiostro lateranense. Tra questi frammenti marmorei, privati purtroppo del loro assetto originario, in cornu epistolae (a destra dell’altare maggiore), emerge in tutta la sua elegante monumentalità, nel centro della cappella, il pluteo trapezoidale, che in origine serviva da parapetto alla scala d’accesso del pergamo stesso. Esso è decorato a bassorilievo con la celeberrima e antichissima iconografia di Giona inghiottito dalla pistrice: una sorta di prefigurazione biblica della morte di Cristo in cui l’artista, isolando nel motivo serpentino delle acque con ampiezza di respiro il profeta avvinghiato dal mostruoso pesce che affretta e incrudisce il tormento, trova accenti di un’autentica possente drammaticità.

Riprendendo a seguire il percorso lungo la navata destra della cattedrale di San Paolo, dopo un vano che dà accesso al primo oratorio detto del SS.mo Sacramento, si ammira, sull’altare marmoreo della terza cappella, una settecentesca immagine della Madonna Addolorata, appartenuta a Mons. Raffaello Bocci, vescovo diocesano dal 1851 al 1855, che ne fece dono alla cattedrale per esporla alla pubblica venerazione.

Più avanti, superato un ulteriore vano che introduce al secondo oratorio, sede dell’antica confraternita di San Sisto, istituita nel 1429, si giunge di fronte alla cappella di San Giacomo. Qui campeggia una pregevole tela raffigurante l’Apostolo col bordone e la conchiglia del pellegrino in conversazione con la Madre Santa Maria Salome, realizzata dal pittore napoletano Filippo Baldi che operò in Alatri tra il 1864 e il 1890.

Si salgano, ora, i tre scalini che portano dalla chiesa plebana all’alto transetto, il quale introduce frontalmente l’elegante cappella del SS.mo Sacramento progettata dall’architetto Olivieri nel 1875 insieme con l’adiacente Reliquiario, protetto da una monumentale cancellata in ferro. A destra, invece, nella nicchia aperta sull’altare che chiude la testata del transetto, è esposta, entro una teca dorata, una piccola particola convertitasi straordinariamente in carne umana in seguito ad un atto sacrilego che nel 1227 scosse l’intera città, attirando addirittura l’attenzione del pontefice. La memoria di questo episodio ci viene tramandata da un documento del 13 marzo 1228 sottoscritto da Papa Gregorio IX, in cui viene ribadito che: “… una certa giovane suggestionata dal cattivo consiglio di una malefica donna, dopo aver ricevuto dalle mani del sacerdote il corpo Sacratissimo di Cristo, lo trattenne nella bocca fino al momento in cui, colta l’occasione favorevole, lo potè nascondere in un panno, dove, dopo tre giorni, ritrovò lo stesso corpo, che aveva ricevuto in forma di pane, trasformato in carne, come tuttora ognuno può constatare con i propri occhi, …”.

Da questa lontanissima storia che ancora oggi non cessa di suscitare meraviglia e curiosità, torniamo al nostro itinerario, dirigendoci verso il presbiterio della Cattedrale di San Paolo, ove immediatamente al di sopra dell’altare maggiore si scorge nel baldacchino rettangolare il simbolo del privilegio basilicale, concesso alla chiesa da Pio IX nel 1850. Ma un’ulteriore sorpresa riserva lo stesso presbiterio che ha accolto fino al 1752 la cinquecentesca confessione costruita dal vescovo Danti per custodire il corpo di San Sisto: essa riguarda il meraviglioso seggio episcopale del ‘500 particolarmente suggestivo per la sua fattura e per la ricchezza d’intagli e di motivi allegorici che lo ornano.

Nell’ampio vano, a ridosso dell’altare maggiore, che abbozza la forma di uno pseudo abside, si articola invece, il settecentesco coro ligneo dei canonici, sul cui seggio principale spicca entro una cornice di stucco un’animata Conversazione di San Paolo, che per alcune caratteristiche presenti nell’opera possiamo sicuramente collocare tra il 1709 e il 1729.

Lasciato il presbiterio e raggiunto il braccio sinistro del transetto, ove si ammira una fedele copia della celebre Crocifissione del Reni, ci si imbatte nella cappella di San Sisto, progettata nel 1932 dall’architetto Luigi Morosini, per ospitare definitivamente la statua del Santo, Protettore della città. Questa immagine lignea interamente rinnovata nel 1959 dagli abilissimi artigiani della Val Gardena, conserva della primitiva statua il solo volto: autentico gioiello di arte rinascimentale ideato da Egnazio Danti e realizzato in argento sbalzato e cesellato nel 1584.

Religione e tradizione si fondono e si confondono nella venerazione del corpo di questo Santo che agli inizi del II secolo fu pontefice romano col nome di Sisto I. In un’antica “Narrazione historica”, che viene letta puntualmente l’11 gennaio di ogni anno in cattedrale, durante il solenne pontificale, si narra che nell’anno 1132 il conte Rainulfo di Alife, spinto dalle gravi conseguenza provocate dalla peste che in quegli anni si abbatteva imperterrita sulle sue terre, si recò a Roma per chiedere al papa le reliquie di un santo, nella speranza di placare la drammatica situazione. Ottenute quelle di San Sisto, il conte ripartì alla volta di Alife, ma arrivato nei pressi di Alatri, la mula che trasportava il sacro carico si arrestò, ubbidendo solamente all’invito del vescovo diocesano che sopraggiunto processionalmente, la esortò a recarsi in cattedrale per deporre le insigni reliquie. Da allora esse si conservano in questa chiesa e sono racchiuse entro un’urna di rame dorato, voluta dal presule Michelangelo Brancavalerio nel 1671, posta sotto l’altare della cappella del Santo. Il fatto fu effigiato nel 1932 dal prof. Eugenio Cisterna nel quadro che orna la parete sinistra della medesima cappella, raffigurante la mula con le reliquie di San Sisto accolta dal vescovo e da una moltitudine di fedeli. Mentre il quadro di destra, appartenente allo stesso autore e con la stessa capacità didascalica, raffigura l’esercito di Federico II messo in fuga da San Sisto che secondo la leggenda, nel 1243 sventò l’attacco nemico alle porte di Alatri.

Usciti dal sacello del Santo Patrono, nel percorrere la prospiciente navata minore si può ammirare sulla sinistra oltre ad una tela raffigurante il Transito di San Giuseppe, di autore ignoto del XVIII secolo, il movimentato gruppo ligneo della Madonna del Suffragio, scolpito a Roma nel 1639.

Ma è ormai giunto il tempo di lasciare la Cattedrale di San Paolo, e mentre ci accingiamo a respirare nuovamente la finissima brezza sul piazzale dell’Acropoli, sarà bene ricordare al visitatore il prezioso archivio dell’aula capitolare della chiesa, ove si conservano più di quattrocento pergamene e numerosi documenti cartacei, consultati in passato da molti studiosi, quali il P. Janning, il Kehr, il Liverani, il Bethman e non ultimo l’illustre storico Giorgio Falco che per la sua opera su “I Comuni della Campagna e della Marittima” si servì largamente di questo piccolo ma importantissimo archivio storico.

Bibliografia:
Alatri – Un itinerario storico artistico
di Mario Ritarossi – Tofani Editore –

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